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AFFONDAMENTO CORAZZATA YAMATO di LAMBERTO PICCHI

L’ultima missione della Yamato fu l’Operazione Ten-Go (l’ultima sortita della Marina imperiale giapponese), organizzata in seguito all’invasione di Okinawa (1º aprile 1945). La flotta al comando del viceammiraglio Seiichi Itō, che comprendeva oltre alla Yamato, ai comandi del capitano di vascello Kōsaku Aruga, un incrociatore leggero e otto cacciatorpediniere, fu mandata ad attaccare la flotta americana che appoggiava lo sbarco nella parte occidentale dell’isola. Lo scopo era quello di allontanare da Okinawa le portaerei per favorire l’attacco dei kamikaze contro la flotta di invasione (circa 1.500 navi) che appoggiava lo sbarco. Se fosse riuscita a raggiungere Okinawa, la Yamato sarebbe dovuta andare ad arenarsi tra Hagushi e Yontan per combattere sino all’ultimo come batteria costiera, in appoggio ai difensori dell’isola.

Poiché fin dall’inizio questa era stata intesa come una missione suicida, fu dato l’ordine di rifornire la Yamato del carburante sufficiente per il solo viaggio di andata verso Okinawa; comunque gli addetti al deposito di carburante di Tokuyama, coraggiosamente, ignorarono gli ordini e fornirono molto più carburante alla squadra. La Yamato e la sua scorta lasciarono il porto di Tokuyama il pomeriggio del 6 aprile 1945. La mattina del 7 aprile la squadra fu avvistata all’uscita del Mare interno di Seto da due sottomarini USA e da un ricognitore della portaerei Essex.

Verso mezzogiorno una forza di quasi 400 aerei americani della Task Force 58, in ondate successive, attaccò le unità giapponesi. Alle 12:41 la Yamato fu colpita dalle prime due bombe. Complessivamente fu centrata da almeno 13 siluri – agli aerosiluranti era stato ordinato di colpire la nave da un solo lato per causarne il capovolgimento – e 10 bombe prima che, verso le 14:20, esplodesse il deposito munizioni N.1. La nave si abbatté sulla murata sinistra e affondò a circa 370 miglia nautiche da Okinawa. L’inabissamento fu rapido anche a causa del distacco quasi contemporaneo delle tre torri principali, scardinate dal ponte dal loro stesso peso.

Nell’affondamento persero la vita circa 2.375 uomini, 269 i sopravvissuti. Delle navi della sua scorta furono affondati quattro cacciatorpediniere e l’incrociatore leggero Yahagi. Gli americani persero 10 aerei e 12 piloti. Il relitto giace a circa 300 metri di profondità, spezzato in due tronconi, con la prua inclinata su un fianco e la poppa capovolta. Il relitto, esplorato nel 1985 e nel 1999, non presenta più le sovrastrutture, collassate.

 

L’idea di realizzare questo diorama è nata dopo la caduta da una mensola di un vecchio modello in plastica, resosi non riparabile.

Ho iniziato cercando di riprodurre i danni causati dalle esplosioni, utilizzando una piccola fiaccola e un  saldatore

Poi vengono utilizzate vernici di colore appropriato, lavaggi vari per simulare le bruciatore ecc. 

Inizia la realizzazione del traliccio in ottone per realizzare l’incendio e la colonna di fumo derivante dall’esplosione, al traliccio vengono fermati con la colla a caldo i LED per simulare incendio ecc.

Una volta realizzato il traliccio e provata la funzionalità delle luci LED a 3 volt, viene installato sul modello 

Una volta posizionato il traliccio viene fissato allo scafo con colla a caldo (posizionando i fili elettrici all’interno dello stesso) e si inizia con del cotone idrofilo a realizzare la nuvola del fumo dell’esplosione.

Una volta completata l’esplosione e la nuvola di fumo il modello viene posizionato con  l’inclinazione voluta su una base di compensato e si inizia a realizzare la superficie del mare, utilizzando l’economico silicone bianco, si realizzano le increspature, le onde movimentate dall’esplosione e lo si lascia asciugare 

Si posizionano i fili elettrici precedentemente passati sotto lo scafo, si dà corrente e si controlla  la perfetta illuminazione

LAVORO TERMINATO

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